venerdì 4 maggio 2012

“Ogni mattina a Jenin” – Susan Abulhawa


Descrizione:
Un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il "Cacciatore di aquiloni" ha fatto per l'Afghanistan. Racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria". Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati di 'Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, racconta la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.  

Citazioni:
“Quaranta generazioni di vite, ora spezzate. Quaranta generazioni di nascite e funerali, di matrimoni e danze, di preghiere e ginocchia sbucciate. Quaranta generazioni di peccati e carità, di cucina, duro lavoro e ozio, di amicizie, ostilità e accordi, di pioggia e corteggiamenti. Quaranta generazioni con i loro indelebili ricordi, segreti e scandali. Tutto spazzato via dal concetto di diritto acquisito di un altro popolo, che si sarebbe stabilito in quello spazio rimasto libero e l’avrebbero proclamato, con il suo patrimonio di architettura, frutteti, pozzi, fiori e fascino, retaggio di forestieri ebrei arrivati da Europa, Russia, Stati Uniti e altri angoli del mondo.”

“Possono portarti via la terra e tutto quello che c’è sopra, ma non potranno mai portarti via quello che sai o le cose che hai studiato.”

“Nasciamo tutti possedendo già i tesori più grandi che avremo nella vita. Uno di questi è la tua mente, un altro è il tuo cuore. E gli strumenti indispensabili di queste ricchezze sono il tempo e la salute.”

“Mentre la luna sorrideva nel cielo, implorai la notte di svelarmi il sogno racchiuso nel mio cuore. Perché in vita mia, non avevo ancora sognato il mio sogno.”

“La nostra tristezza può far piangere le pietre. (…) E’ un amore che puoi conoscere solo se hai provato la fame atroce che di notte ti rode il corpo. Un amore che puoi conoscere solo dopo che la vita ti ha salvato da una pioggia di bombe o dai proiettili che volevano attraversarti il corpo. E’ un amore che si tuffa nudo verso l’infinito.”

“Potrei dirle che la amo, ma queste parole incaute e abusate svilirebbero l’immensità di quello che sento. Lei è l’aria che respiro. E’ la ragione di tutte le promesse. L’incarnazione della tenerezza. E’ l’amore.”

“I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie del desiderio della vita per se stessa.
Vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E anche se sono con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri:
Poiché hanno pensieri loro.
Potete dare alloggio ai loro corpi ma non alle loro anime, perché le loro anime abitano la casa del futuro, che voi non potete visitare, nemmeno in sogno.
Potete sforzarvi di essere come loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non indugia sul passato.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli vengono lanciati come frecce viventi.
L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con la sua potenza affinché le sue frecce vadano veloci e lontane. Lasciatevi tendere con gioia dalla mano dell’arciere; perché come ama la freccia che vola, cosi ama pure l’arco che è saldo.”
“Il profeta” - Gibran

“Lui è il sogno che non mi ha mai abbandonato. La terra che mi hanno strappato. La patria che vedo, ma che resta irraggiungibile.”

“Leggeva come se ogni libro fosse la tessera di un inafferrabile puzzle che doveva completare. Leggeva per ricordare. Ma, soprattutto, leggeva per punirsi con il bruciante senso di colpa per essere stata risparmiata.”

“L’amore non può conciliarsi con l’inganno. E non può abituarsi a un’esistenza pagata con la valuta della disperazione altrui.”

“Come si può definire l’inizio di un amore? Quando, in quale istante, il cielo scuro della notte si tinge d’azzurro?”


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